Tintinnabulum: così i Romani definivano tale oggetto, con un termine che, nella sua sonorità, ne evoca la funzione.
Il tintinnio dei campanelli doveva udirsi spesso a quel tempo. Questi oggetti, infatti, avevano un uso assai vario, sia in ambito pubblico che privato: potevano ad esempio segnalare l’apertura e la chiusura delle terme, delle palestre o degli edifici di spettacolo, dare l’allarme nel caso di incendi, essere utilizzati dall’esercito, servire per il pascolo, essere messi al collo di animali da traino e da sella…
In ambito domestico erano segnalatori acustici utili per chiamare le portate durante i banchetti o per far venire i servi. Talora venivano semplicemente poggiati sui mobili, ma di frequente venivano sospesi, insieme ad altri, tramite catenelle ad un elemento centrale.
Pertanto erano di norma dotati nella parte superiore di un anello, funzionale alla sospensione. Collocati all’ingresso delle abitazioni, erano utilizzati dai visitatori per annunciare il loro arrivo.
Nell’antichità il campanello non aveva solo una funzione pratica: diverse testimonianze documentano l’uso dei tintinnabula contro la malasorte.
Questi oggetti erano considerati come strumenti magici di difesa e protezione, poiché si credeva che il loro suono avesse un potere apotropaico e fosse in grado di allontanare le forze ostili, preservando dalle influenze negative le case, le persone e gli animali.
Sui campanelli di età romana, noti in diverse forme, sono state fatte alcune interessanti ricerche di archeologia sperimentale.
Si è verificato che solo in un caso la variazione della forma influisce in modo determinante sul suono prodotto: si tratta del tintinnabulum con corpo cilindrico, tipo a cui appartiene uno degli esemplari esposti al Museo.
A differenza di tutti gli altri tipi, che erano in grado di produrre soltanto una nota, questo modello generava un suono bitonale, caratterizzato, cioè, da due altezze contemporanee a circa un tono di differenza tra loro.


campanello d'epoca romana, presso la collezione del Museo Archeologico di Marano Lagunare