Pochi sono i siti della Laguna di Marano indagati dagli archeologi in tempi recenti. Uno di questi è l’isola dei Bioni, uno dei luoghi più significativi per la storia del territorio.
Qui, nel corso delle ricerche condotte dagli archeologi dell’Università di Trieste nell’ambito del progetto Storie dal mare, incentrato sulla ricostruzione dell’antico paesaggio dell’alto Adriatico, nel 2011 è stata individuata e scavata una sepoltura a inumazione.
Il defunto, forse in origine adagiato in una cassa di legno, giaceva in posizione supina entro una semplice fossa. Non aveva accanto oggetti di corredo ad accompagnarlo nel suo viaggio ultraterreno, elementi solitamente determinanti per risalire alla datazione di un contesto funerario. Per ricavare delle indicazioni cronologiche ci si è pertanto affidati all’analisi al radiocarbonio dei resti ossei, che ha stabilito una datazione tra il 590 e il 780 d.C.
Informazioni molto interessanti sono derivate dall’esame antropologico dello scheletro, perfettamente conservato anche se non completo. Il defunto era un uomo tra 30 e 40 anni, alto 173 cm; in vita fu probabilmente un cavaliere, come suggerito dalla robustezza delle inserzioni muscolari del femore.
L’analisi ha consentito di ipotizzare le cause della morte dell’individuo: fu colpito frontalmente da un oggetto acuminato che gli causò una perforazione triangolare dell’anca sinistra; sembra sia stata la lama di una spada corta e leggera, dalle caratteristiche compatibili con quelle dello scramasax longobardo.
I dati raccolti vanno calati nel complesso quadro storico dell’Altomedioevo, periodo in cui la Laguna, rimasta sotto il controllo di Bisanzio, venne a trovarsi al limitare del Ducato longobardo. Essi ci suggeriscono un possibile scenario per questa microstoria svelata dall’archeologia: forse il “cavaliere” di Bioni faceva parte delle comunità che vivevano nell’enclave bizantina lagunare e perse la vita proprio per mano di un longobardo…
Non ne avremo mai prove certe, ma l’ipotesi rimane suggestiva.